Una volta raggiunti i requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia, l’aderente al fondo pensione può richiedere anche la pensione integrativa, determinata sulla base del montante accumulato, che può essere erogata sotto forma di rendita periodica e/o capitale in un’unica soluzione.
In questo articolo vedremo a quali condizioni è possibile accedere alle diverse alternative possibili. Approfondiremo, poi, il caso della prestazione erogata sotto forma di capitale al 100% della posizione individuale, analizzando il legame tra questa opzione e l’importo dell’assegno sociale.
Infine, vedremo quali sono i vantaggi della permanenza nel fondo pensione anche dopo il pensionamento, al fine di accumulare un importo più consistente per la propria pensione integrativa.
Quali forme può avere la pensione integrativa?
Quando il lavoratore giunge all’importante traguardo del congedo dal mercato del lavoro, può accedere anche alla pensione integrativa che ha costruito nel corso degli anni di permanenza nel fondo di cui è aderente.
La prestazione dopo il pensionamento, che è possibile richiedere a condizione che il pensionando sia iscritto da almeno 5 anni alla previdenza complementare, può assumere diverse forme:
- rendita al 100%: con cadenza periodica, si riceve la pensione integrativa da affiancare a quella pubblica;
- 50% in forma di rendita e 50% in un’unica soluzione al momento del pensionamento;
- capitale al 100%, in un’unica soluzione, ma soltanto in casi particolari, cioè se l’adesione risale a una data antecedente al 29 aprile 1993 oppure se, convertendo il 70% del montante accumulato, si ottiene una rendita di importo inferiore al 50% dell’assegno sociale (prestazione pubblica che, come vedremo in seguito, ha un importo che viene definito di anno in anno).
Per determinare l’importo del capitale erogato in un’unica soluzione, al 50% o al 100%, il fondo pensione prende in considerazione il montante accumulato, comprensivo dei rendimenti e al netto di spese e imposte.
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Capitale al 100% e assegno sociale
Come anticipato, l’importo dell’assegno sociale, ovvero la prestazione assistenziale pubblica riservata a coloro che versano in condizioni economiche di indigenza, funge anche da indicatore di riferimento per determinare l’esiguità o meno della pensione integrativa.
Proviamo a spiegare perché.
Il capitale al 100% può essere richiesto soltanto se la posizione individuale maturata resta al di sotto di un valore limite variabile, determinato sulla base di due fattori:
- età e genere dell’aderente: considerando il fatto che mediamente le donne vivono più a lungo degli uomini, si prende in considerazione la speranza di vita dopo il pensionamento al fine di stimare la potenziale durata del periodo in cui si percepirà la rendita;
- importo dell’assegno sociale dell’INPS.
Come detto in precedenza, il 100% di capitale può essere chiesto solo se la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale risulta essere inferiore al 50% dell’assegno sociale (pari, nel 2024, a 534,41 euro mensili).
Restare nel fondo pensione dopo l’età pensionabile
Se l’aderente desidera incrementare l’importo della prestazione finale, affinché venga riconosciuta, almeno in parte, sotto forma di rendita, può scegliere di non richiedere immediatamente la prestazione e di restare nel fondo pensione.
La permanenza nel fondo dopo l’età pensionabile è concessa a condizione che l’aderente, al momento del pensionamento, sia iscritto da almeno un anno.
Soddisfatto questo requisito, è possibile decidere se:
- restare senza fare ulteriori versamenti, accumulando dunque soltanto ulteriori rendimenti sui contributi precedentemente versati;
- continuare a contribuire, sfruttando anche i benefici fiscali.
Nel secondo caso, infatti, l’aderente può, anche, dopo la pensione, proseguire con la deduzione fiscale dei contributi versati fino al limite massimo di 5.164,57 euro all’anno. Questo consente di abbattere il reddito imponibile e versare minori imposte per ogni anno ulteriore di permanenza nel fondo.
A tal proposito occorre ricordare che, rispetto a quanto avviene per altre forme di investimento, i rendimenti ottenuti dalla gestione finanziaria dei fondi pensione negoziali subiscono un prelievo fiscale di favore, con aliquota del 12,5% per i Titoli di Stato e del 20% per gli altri strumenti finanziari (mentre il prelievo fiscale applicato alle altre tipologie di investimento è pari al 26%).
Oltre all’incremento del montante, scegliere di prolungare la permanenza potrebbe permettere all’aderente di ridurre il prelievo fiscale previsto per la pensione integrativa. L’aliquota applicata alla prestazione, infatti, è pari al 15%, ma si riduce dello 0,30% per ciascun anno aggiuntivo oltre il quindicesimo. Dunque, se l’aderente resta nel fondo pensione per un lungo periodo temporale, può ottenere un’aliquota particolarmente vantaggiosa, che può toccare il minimo previsto del 9%.
Per approfondire, invitiamo a leggere il nostro articolo Versare contributi al fondo oltre l’età pensionabile: è possibile?
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